Con indosso gli stivali delle sette leghe, guado l'abisso che a volte divide i sogni dalla loro realizzazione e lo faccio: torno all'università.
Incastrarla nella mia vita presuppone evocare doti di incastonatore provetto e far pratica di tutte le tecniche esistenti possibili (a griffes, all'inglese, su lastra a granetta, invisibile).
Probabilmente significa anche complicarmela, la vita.
Contribuendo a peggiorare notevolmente la qualità del mio sonno, già piuttosto compromessa.
Ma magari no.
E comunque devo assecondare la spinta forte che sento, che mi trascina col sorriso in questa direzione; se stessi a guardare solo i se e i ma non farei più nulla, e certamente ignorerei, anzi peggio, tradirei la mia indole, che è di ben altra ispirazione.
Ho sete di conoscenza.
E ho anche la speranza di vivere, questa volta, l'università senza subirla, la speranza di poter dare un esame graziata da un accresciuto self control senza quel timore riverenziale, nei confronti del professore che mi offuscava la mente.
Altro che ansia da prestazione, obnubilamento del sensorio.
Con una centratura conquistata faticosamente e un'accresciuta consapevolezza, sfido l'accettazione didattica passiva, per una rinnovata dimensione critica.
Si apre una nuova era.
Emma, questa volta non vedo l'ora!
petunì